Il 5 maggio del 1821, in una stanza a Longwood nell’isola di Sant’Elena, moriva Napoleone.
Il 5 maggio 2021 l’Ecole Marengo ricostruisce le stanze che ospitarono l’Empereur a Villa Delavo a Marengo (AL), primo atto della giornata commemorativa che proseguirà a Torre Garofoli, frazione di Tortona, sede del quartier generale francese durante la celebre battaglia che rappresentò un momento cruciale nell’ascesa del generale corso (https://ecolemarengo.eu/2021/04/22/marengo-la-culla-del-mito-napoleonico/).
Il 5 maggio è una data che ci risuona in testa come quel “Ei fu siccome immobile dato il mortal sospiro...”, primo verso della poesia “Cinque maggio” di Alessandro Manzoni che tutti abbiamo imparato a memoria a scuola. Una poesia ricorda Napoleone quasi quanto le sue vittorie e la sua Waterloo.
E’ una ricetta, invece, il Pollo alla Marengo, che ricorda, quanto e più della battaglia, Marengo, la località dove i Francesi sconfissero gli Austriaci per merito del futuro imperatore, certo, ma ancor di più del generale Louis Charles Antoine Desaix, che irruppe con il suo corpo d’armata contro il nemico quando l’armata guidata da Napoleone, attaccata all’improvviso, era pressoché in rotta. Il generale Desaix fu probabilmente il vero vincitore morale della battaglia, ma morì il giorno stesso – era il 13 giugno – nella cascina dei Baroni Cavalchini Garofoli a Torre Garofoli, quindi a Tortona non a Spinetta Marengo (dove fu colpito) come si legge un po’ ovunque.
Non sappiamo, invece, se fu proprio a Torre Garofoli che fu inventato il famoso piatto che da quella data Napoleone volle prima di ogni battaglia ritenendolo un porta fortuna: fu il cuoco François Dunand che lo elaborò mettendo insieme ciò che, non trovando i carriaggi delle cucine, rubacchiò nelle fattorie della zona: secondo la leggenda, pollo, pomodori, uova, funghi e i gamberi di fiume abbondanti nei fossi circostanti; in realtà probabilmente usò molto di meno per arricchire un pollo cotto alla semplice con il vino o con il brodo.
E la ricetta, quella rielaborata nientepopodimeno che da Auguste Escoffier, è tuttora famosa in tutto il mondo: pollo cotto con il vino, champignons, pomodoro e gamberi accompagnato da crostoni di pane coperti di uova fritte. E con pure, tanto perché non mancasse nulla, i tartufi.
Noi, però, preferiamo la versione del nostro Pellegrino Artusi, assai più vicina – e quindi più realistica – ai gusti di Napoleone che, forse per il suo DNA toscano (secondo alcune versioni la famiglia Bonaparte o Buonaparte sarebbe originaria di Firenze, stabilitasi poi a San Miniato, secondo altre le origini sarebbero a Sarzana), non amava i cibi complicati.
“Prendete un pollo giovane ed escludendone il collo e le zampe, tagliatelo a pezzi grossi nelle giunture. Mettetelo alla sauté con grammi 30 di burro, una cucchiaiata d’olio e conditelo con sale, pepe e una presa di noce moscata. Rosolati che sieno i pezzi da una parte e dall’altra scolate via l’unto e gettate nella sauté una cucchiaiata rasa di farina e un decilitro di vino bianco. Aggiungete brodo per tirare il pollo a cottura, coperto, e a fuoco lento. Prima di levarlo dal fuoco fioritelo con un pizzico di prezzemolo tritato e quando è nel vassoio strizzategli sopra mezzo limone. Riesce una vivanda appetitosa.”
Ringraziamo Giampaolo Pepe per l’autorizzazione a utilizzare le foto dal suo blog “Storie di territori” (https://storiediterritori.com/2018/09/05/torre-garofoli-frazione-di-tortona/)