Il crudo è di moda: verdure, carne, pesce… e funghi. Intendiamoci, in molti, anzi la maggioranza dei casi, il cibo crudo mantiene più intatte molte sostanze utili alla nostra salute ma quando a comandare non è una scelta razionale dal punto di vista nutrizionale e neppure da quello gastronomico ma è la moda – aldilà anche dei gusti personali – allora è il caso di meditarci un po’ su.
E nel caso dei funghi il problema è serio, molto serio: sbagliare può essere molto pericoloso per chi li mangia e un grave danno per l’oste che li propone… e anche, anzi soprattutto, con i porcini bisogna andarci piano.
E non ci riferiamo ai funghi notoriamente velenosi o a quelli che qualsiasi libro ci dice che sono buoni cotti ma tossici crudi, ma a tutti gli altri considerati buoni senza particolari allarmi riguardanti il loro consumo crudo.
E sta proprio qui il problema: la tossicità di un fungo è nota perché qualcuno ha fatto nel corso dei secoli da cavia, non perché qualcuno si è preso la briga, a priori, di fare analisi chimiche approfondite: insomma la conoscenza nasce dall’esperienza non dalla ricerca. Ma l’esperienza, salvo rarissimi casi, si è limitata a funghi cotti, il consumo dei funghi crudi non ha una storia affidabile ed è un errore comune, nei libri, indicare quali funghi sono tossici crudi (perché è stato già scoperto) e non dare, come già accennato, un allarme per gli altri. Sarebbe più utile e serio se fosse scritto a chiare lettere che tutti funghi potrebbero essere tossici crudi salvo poche eccezioni indicate caso per caso.
E sono davvero poche le specie di funghi commestibili crudi con ragionevole certezza (salvo intolleranze o, peggio, allergie individuali) e pochissime che vale anche la pena mangiar crude dal punto di vista della gradevolezza.
Cerchiamo quindi di capire di quali si tratta.
Il migliore ci fa correre
Non è solo molto buono ma è pure utile per chi soffre di diabete. E non è neppure raro, anzi cresce in colonie anche numerose a tutte le altitudini nei prati, nei parchi, negli incolti erbosi, ai margini dei sentieri, eppure portarne a casa da mangiare non è affatto facile. Il Coprinus comatus ha infatti il difetto di maturare molto velocemente e di prolungare la maturazione anche dopo la raccolta ma mica matura come tutti gli altri funghi: si dissolve in un liquido simile a inchiostro che comprende le spore. Da giovanissimo è molto interrato e ha la forma di un 8 allungato e compatto, poi il cappello si differenzia dal gambo, a cui resta collegato con un sottile anello, e si fa fioccoso, perlappunto “chiomato”. All’interno è percorso da fittissime lamelle bianchissime. Finché è in questa fase di crescita, il fungo è buonissimo sia crudo sia cotto, soprattutto scottato rapidamente in tegame con aglio e burro.
Quando, invece, le lamello cominciano a diventare rosa partendo dai bordi giù il fungo non è più buono: presto il cappello si trasformerà in un liquido simile a inchiostro.
Il più pregiato
L’ovolo (Amanita caesarea) è il fungo da mangiar crudo per antonomasia soprattutto se nella fase di maturazione che ne giustifica il nome, ovvero quando è chiuso e pare un uovo (pur se di forma tondeggiante non ovale).
A dire il vero in questa fase, essendo visibilmente un fungo immaturo, ne sarebbe vietata la raccolta pur essendone permessa invece la vendita con evidente contraddizione. In raltà viene raccolto lo stesso ma, per chi vuole avere la coscienza a posto senza rinunciare a una simile chicca gastronomica, va precisato che, a parte problemi estetici e difficoltà di taglio, è eccellente cruda anche la caesarea con il cappello completamente aperto.
Il gusto è più delicato ed elegante rispetto ai porcini ed è un delitto mascherarlo con aggiunte di gusto intenso come accade per la radicata abitudine di coprirlo di scaglie di grana: meglio solo olio extra vergine, sale, poco limone, servendolo su un piatto strofinato d’aglio.
E’ facile da riconoscere quando è aperto perché è l’unica Amanita con lamelle e gambo gialli, un esperto – ma solo un esperto – lo riconosce al volo anche se chiuso ma è giustamente obbligatorio sbucciarne un lembo per evidenziare il colore arancio. Cresce nei boschi caldi di latifoglie.
Una chicca per esperti
La mazza di tamburo (Macrolepiota procera), il watusso di funghi, è tra le pochissime specie che tentano talvolta pure i “porcinomani”, ovvero la maggioranza dei fungaioli. E’ ricercata per il suo largo cappello ottimo trattato come una cotoletta, ovvero impanato e fritto o cotto alla brace ma pochi sanno che è eccellente crudo il cappello degli esemplari giovani, ovvero quando è quasi tondo su un lungo gambo, come appunto una mazza di tamburo. Il gusto è tra il fungino e la frutta secca. E’ tuttavia un fungo da esperti perché ci sono funghi molto simili non commestibili crudi e un po’ meno simili ma velenosi anche cotti. L’ombrellone, come viene anche chiamato, è molto comune e di solito persino invasivo sia su prati di media montagna sia nei boschi a tutte le altitudini.
Il segreto dei Trevigiani
A Treviso lo chiamano Barbone e si trova pure in commercio e, soprattutto, nei ristoranti cotto alla veneta (con cipolle), con il formaggio grattugiato, sulla pasta ma pure sott’olio o crudo in insalata. Il nome scientifico Albatrellus pes-caprae, in italiano è fungo della brughiera e non è molto diffuso né comune. Treviso a parte, era molto ricercato e apprezzato nel Biellese e in Val Sesia, ma ora se ne trovano pochissimi. E’ inconfondibile per il gambo laterale, i pori ampi sotto al cappello e quest’ultimo di un bel marrone caldo e scaglioso. Crudo è eccellente soprattutto se condito senza sale in anticipo, ovvero marinato un tantino con olio, limon e pepe aggiungendo il sale al momento di mangiarlo.
Il Verdone, ma quello vero
Le russole o, per chi generalizza con i nomi, colombine sono in teoria funghi sicuri: si riconoscono in particolare per la carne gessosa e, secondo una prassi radicata, sono considerate commestibili quelle non amare né piccanti all’assaggio. Questa prassi garantisce dagli avvelenamenti ma solo se non mangiate crude né alla griglia perché ci sono russole velenose anche solo se poco cotte. In realtà quelle buone, gradevoli, ovvero che non rovinerebbero il gusto di un buon misto di funghi, sono molto poche e tra queste solo una è davvero ottima anche mangiata cruda, il Verdone o Russula virescens. Purtroppo gran parte dei fungaioli fa molta confusione e chiama verdoni anche diverse altre russole veri, non tutte buone, e l’ottima Russula cyanoxantha, reperibile in qualche sito anche in commercio di solito con il nome di moretta. Ma non è verde, salvo che in una varietà, e nion somiglia neppure al vero verdone: quest’ultimo ha il cappello verde chiaro visibilmente screpolato, cappello spesso e gambo robusto entrambi con carne piena e compatta. Cresce solo nei boschi di latifoglie.
Cruda va mangiata a fette molto sottili ed è da provare, oltre che con i consueto olio e limone, con una salsa di yogurth, aglio e menta.
Questa sarebbe pure “medicinale”
L’apporto di vitamina C della lingua di bue (Fistulina hepatica) è davvero notevole, molto più elevato rispetto a qualsiasi frutto, agrumi compresi. Solo, tuttavia, se viene mangiata cruda. E a pochi piace. Già cotta la sua carne, rossa e venata di bianco più o meno come una carne ben marezzata, non piace a tutti per il gusto un po’ acidulo (salvo se impanata e fritta, nel qual caso è davvero una chicca), cruda a qualcuno fa pure impressione. Ma vale la pena provarla. Cresce sulle ceppaie di castagno.
… e che dire dei porcini crudi?
E’ un tema molto controverso ma fortemente condizionato, oltre che dalla moda, dal particolare fascino che questo gruppetto di funghi ha in Italia (e solo in Italia): i porcini, anche cotti, sono funghi di non facile dogeribilità per cui comunque non se ne dovrebbe eccedere, ma crudi sono anche peggio, sarebbe meglio evitarli o, meglio, sarebbero da evitare per un’elevata percentuale di persone – non solo chi ne è dichiaratamente intollerante – che li tollera meno di altri. Non si tratta di disturbi veri e propri, è un po’ come le conseguenze di una pizza mal lievitata o un panettone industriale: frequente acidità, difficoltà ad addormentarsi.
Naturalmente è determinante la dose: il ristoratore in particolare deve essere prudente e “tirchio” nella quantità, evitando anche più di una portata con porcini crudi, perché il cliente che dorme male dopo aver mangiato da lui difficilmente torna.
Il più classico

Boletus edulis: cresce in tutti i tipi di bosco, evitando i siti troppo caldi, eccezionale sotto castagno, ottimo sotto abete rosso o faggio, meno buono ma pure poco frequente sotto querce e pini (salvo che in Calabria). Il cappello è liscio (un po’ viscido se bagnato), la carne è bianca con un alone bruniccio a contatto con la superficie del cappello. Crudo è più gradevole degli altri.
Tanta scena e poco sapore

Boletus pinicola: è il più grande e appariscente, raramente è bacato, quello con un più bel contrasto di colore (che rimane in cottura, anche sott’olio)… quindi il più pregiato sul mercato; eppure è privo o quasi di profumo, il più importante pregio del porcino, e ha poco sapore; tanta soddisfazione al momento della raccolta, poca in tavola; si riconosce per i toni rosso scuri del cappello e ama il freddo per cui cresce a inizio e fine stagione sotto castagno, faggio e conifere.
Il più profumate e saporito, ma….

Boletus reticulatus: lo chiamano pure fiorone o porcino d’estate, ama il caldo e le radure soleggiate, ha il cappello vellutato e una carne leggera. Sarebbe il più profumato e gustoso ma è difficile trovarlo sano, ovvero privo di bachi; crudo ha un gusto troppo forte, un po’ volgare.
Il più diffuso al sud

Boletus aereus: il porcino nero o semplicemente il nero è il porcino più diffuso al sud e soprattutto sotto le varie specie di querce; il cappello è bruno scuro marmorizzato e la carne candida come la neve il che lo rende il fungo più pregiato per l’essiccamento; molto profumato appena raccolto, tende a perdere qualità in tempi brevi; crudo ha un gusto di intensità molto variabile a seconda del luogo di crescita.
Inoltre…
Spaziando tra i funghi in commercio, sicuramente gli champignon coltivati sono buoni crudi, pur consigliando solo quelli bio, e come loro sono ottimi crudi, non buoni, i cugini spontanei ovvero i prataioli (varie specie di Agaricus) ma quali? Mangiar crudi i prataioli è un piacere riservato agli esperti. I finferli o galletti (Cantharellus cibarius) sono commestibili crudi ma ne vale la pena più che altro utilizzandoli marinati come decorazione. A volte vengono proposti nei ristoranti i piopparelli (Agrocybe aegirita) o le gambesecche crudi: in rari casi la ricetta lo giustifica soprattutto se i primi sono coltivati. I cardoncelli (Pleurotus eryngii e ferulae) non sono male crudi ma sono più una curiosità che altro, fa eccezione il Pleurotus nebrodensis che però è rarissimo (salvo se coltivato).
Invece in primavera…

Allora è tempo di un capolavoro, il Lyophyllum georgii, un vero e proprio tartufo fuori terra il cui profumo fragrante di farina appena macinata si esalta se viene tagliato a lamelle sottili crudo su piatti caldi come i tagliolini, i ravioli, i passatelli, l’uovo in tegame… Insomma come si fa con il tartufo bianco.
Si chiama prugnolo ma pure maggengo, fungo della saetta, fungo di San Giorgio, spinarolo…Cresce sotto cespugli di Rosaceae (pruno selvatico in particolare) o vicino a Rosaceae erbacee nei prati formando delle saette o dei cerchi (i cerchi delle streghe) visibili spesso da lontano per il colore più intenso dell’erba. Tuttavia in certe zone (Liguria ed Emilia Romagna soprattutto) viene raccolto da chi conosce i posti già quando è grande come un’unghia per cui diventa un raro colpo di fortuna trovarlo. Il colore è biancastro o gialli isabella, ha carne spessa ma fragile, lamelle fittissime e profumo intenso che si sente da lontano. E’ pregiatissimo e venduto sui mercati soprattutto in Francia col nome di Mousseron e nei Paesi Baschi col nome di Perretxiko.