CIBO VERO PER UNA DIETA MEDITERRANEA DEI GIORNI NOSTRI: DALLA TESI DI STEFANIA GRIFONE

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Stefania Grifone ha eleborato una tesi sull’eredità lasciata da Ancel Keys e Luigi Veronelli e si è appena laureata con 110 in Scienze Gastronomiche. Nel suo lavoro Stefania Grifone commenta, riportandone alcuni passi, gli studi della Dott.ssa Stefania Ruggeri che, collaborando con l’ideale continuatore di Keys, il prof. Jeremiah Stamler, ha evidenziato i 7 pilastri di una Dieta Mediterranea per i giorni nostri.

  • SESTO PILASTRO – SOLO REAL FOOD: SOLO CIBO VERO. «Mangiare sano passa soprattutto da qui: dallo scegliere con cura il cibo, dal manipolarlo, prepararlo e cucinarlo e poi, soprattutto, dal condividerlo con gli altri. Mangiare sano vuol dire dare valore al cibo. È quello che io chiamo il cibo vero: il real food. Si contrappone al cibo confezionato, preparato, perfetto: quello di “apri la busta e consuma” […], e per non ingrassare non dobbiamo avere un rapporto alienato con l’alimentazione». Tutto il contrario di quello che avviene nella società frenetica di oggi in cui non c’è tempo per fare la spesa e per cucinare. Per intraprendere un riavvicinamento a queste pratiche potremmo cominciare a considerare che il cibo non è solo mera fonte di nutrimento che soddisfa i nostri bisogni e ci protegge dalle malattie ma ha anche un suo lato affettivo ed emozionale; può essere in grado di farci rivivere emozioni grazie al ricordo evocato in noi da odori o sapori particolari che ci rimandano all’infanzia o ad altri momenti felici o tristi della nostra vita e allora quel piatto diventa per noi qualcosa di speciale. Se riuscissimo ad apprezzare questo forse dedicheremmo più tempo alla preparazione di quei piatti che ci provocano un emozione forte: tutto può ripartire trovando il nostro piatto della memoria o creandone di nuovi. Dare valore al cibo dedicando tempo, amore e fatica alla sua preparazione ci farà riavvicinare ad esso. «Il cibo vero è fondamentale per curare meglio la nostra alimentazione: possiamo scegliere noi gli ingredienti delle nostre ricette e modificarli come vogliamo; mettere meno zucchero, meno sale, trasformare le ricette delle nonne e delle amiche secondo i nostri gusti e creare mille varianti, nuove e salutari». Impareremmo inoltre a ridurre gli sprechi, sia preparando porzioni meno abbondanti o riciclando gli avanzi, perché non si butta nella spazzatura ciò che per noi ha assunto un valore e sia apprezzando di più l’imperfezione del cibo perché facendo la spesa, magari direttamente dai produttori locali, dagli agricoltori del nostro territorio, capiremmo che quei prodotti imperfetti nella forma e nei colori sono in realtà molto più genuini e ricchi di sapore e di sostanze nutritive di quei cibi perfetti e lucidi che sono in bella mostra nei banconi dei supermercati e che siamo abituati a preferire e comprare. «La nostra discriminazione estetica del cibo ha portato negli ultimi dieci anni a un aumento fortissimo dello spreco alimentare»; provando questa frutta e verdura imperfetta «cambieremo un po’ questa visione occidentale e consumistica del cibo. La scelta del local food contribuirà, inoltre, alla conservazione del patrimonio delle varietà locali, permetterà il mantenimento della biodiversità, aiuterà i piccoli agricoltori».

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