La disciplina dei fertilizzanti organici nella prospettiva dell’economia circolare

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I nuovi paradigmi dell’economia circolare e della bioeconomia, basati su una gestione efficiente e sul riutilizzo delle risorse, interessano la totalità dei sistemi produttivi, affinché vengano radicalmente superate le logiche produttive e di consumo del tradizionale modello lineare.

Così anche il sistema produttivo dei fertilizzanti organici si trova inevitabilmente ripensato dalle logiche della circolarità.

Per una maggiore chiarezza va precisato che, soprattutto antecedentemente alla presa di coscienza delle impattanti problematiche ambientali, nelle pratiche agricole intensive vi sia l’erronea consuetudine di utilizzare concimi chimici, di cui gran parte di importazione estera. L’utilizzo spropositato di tali sostanze di sintesi, apparentemente più efficienti ed economiche, ha determinato una serie di conseguenze negative quali la contaminazione delle risorse idriche, la perdita di sostanza organica e quindi della fertilità del suolo, intaccando la salute dell’ambiente e dell’uomo nonché la stabilità della produzione agricola.

È qui che entra in gioco la promozione dell’economia circolare nella prospettiva organica quale strumento strategico per istaurare percorsi alternativi a quelli lineari. La bioeconomia favorendo lo sviluppo tecnologico e l’innovazione permette di cercare soluzioni alternative ai concimi minerali. In particolare, si riscoprono le potenzialità dei residui della produzione alimentare ed agricola, quali i rifiuti organici, nonché il digestato e altri sottoprodotti di matrice organica.

Queste biorisorse presentano infatti delle proprietà fertilizzanti tali da rigenerare la fertilità del suolo e sostenere il progresso del settore agricolo. I fertilizzanti organici sono in grado di sostituire i concimi chimici e sono di fatto dei prodotti circolari: si pongono come input del processo produttivo agricolo e alla fine della produzione come materiali di scarto da rivalorizzare.

(segue dopo la presentazione)

 

L’azienda Re Norcino della famiglia Vitali si è impegnata da anni nella realizzazione di un’organizzazione aziendale che permettesse di gestire i terreni e l’allevamento utilizzando i residui organici per una concimazione totalmente naturale. A dire il vero i contadini l’hanno sempre fatto ma la famiglia Vitali vuole – e avrebbe già completato il progetto senza gli ostacoli di una burocrazia cieca e disorganizzata – utilizzare le moderne tecnologie e le più attuali conoscenze biologiche per ottimizzare le risorse. Lo stress e le inutili perdite di tempo causate dalla burocrazia hanno spinto Bianca Vitali, ultima generazione della famiglia, a impegnarsi in una brillantissima tesi universitaria sulle problematiche legislative riguardanti la concimazione naturale. La tesi è stata molto apprezzata e, ora che si è laureata e ha iniziato (o meglio ripreso) l’attività nell’azienda di famiglia, le abbiamo chiesto di chiarire le idee sull’argomento ai nostri lettori, in particolare allevatori e agricoltori, pur se il tema ci riguarda tutti perché tornare a una concimazione naturale eliminando quella chimica è essenziale per la salute dell’ambiente e dell’uomo (oltre che per il palato) mentre l’economia circolare, ovvero che, al contrario di quella lineare, utilizza tutti gli scarti e i sottoprodotti riciclandoli è l’essenza stessa della sostenibilità.

Bianca mette a fuoco soprattutto l’utilizzo del digestato (che si ottiene come sottoprodotto degli impianti di biogas) anche se l’azienda di famiglia ottimizza invece l’utilizzo di letame e liquame con metodi innovativi al fine di ottenere fertilizzante e, invece che biogas, acqua per irrigazione. Tuttavia le problematiche sono le stesse e sono dovute a una legislazione polverizzata che parte da quella europea per passare all’applicazione in Italia e poi a un’ulteriore diversità regione per regione. Tutto ciò non fa che dare ancora più potere ai burocrati. Occorre quindi che gli operatori conoscano dove la legge può aiutarli e l’articolo di Bianca chiarisce quali sono le norme di riferimento a cui appellarsi per superare gli ostacoli.

(“La disciplina dei fertilizzanti organici nella prospettiva dell’economia circolare” seconda parte)In questo senso, sono fondamentali interventi legislativi coordinati delle istituzioni europee e nazionali per disporre misure e piani di azione volti al sostegno finanziario mirato agli agricoltori verso pratiche più sostenibili. Sono necessarie norme che creino condizioni paritarie per gli operatori che immettono nel mercato e utilizzino fertilizzanti organici più innovativi, in modo da scoraggiare l’utilizzo della chimica.

Su questo indirizzo si pongono, infatti, la nuova PAC 2023-2027 e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, istituito con Regolamento del 2 dicembre 2021 n. 2115 per un’efficiente attuazione della politica agricola. Si intende far leva sulle potenzialità del settore agricolo che permette di sostituire le risorse più inquinanti e, infatti, all’art 6 del citato regolamento, tra gli obiettivi specifici del fondo, si dispone che, per la promozione dello sviluppo sostenibile e di una migliore gestione delle risorse, è fondamentale anche la riduzione della dipendenza dalle sostanze chimiche.

La circolarità del settore dei fertilizzanti organici offre un buon potenziale, non solo in termini di tutela del suolo e dell’ambiente, ma anche per la crescita del settore agricolo, in ottica di rendimenti elevati, costi ridotti e aumento dell’occupazione.

Uno dei vantaggi più rilevanti che la bioeconomia offre, concerne però la possibilità di utilizzare le risorse interne all’Unione, attualmente poco sfruttate, per ridurre notevolmente l’importazione di concimi chimici, così da aumentare l’indipendenza verso gli stati esteri.

La transazione verso il modello circolare del settore dei concimi organici è stata resa maggiormente urgente a seguito del conflitto ucraino. La Russia e l’Ucraina hanno drasticamente ridotto, nel corso del conflitto, la fornitura di energia, carburante, cereali e di concimi chimici, beni di cui sono i principali esportatori nell’ Unione. In tal modo si è scaturito un rincaro dei prezzi di tali beni e, al tempo stesso, un grave problema di approvvigionamento degli stessi, determinando così una crisi dell’intero settore agroalimentare europeo.

Dinnanzi alla scarsità delle materie prime e trovandosi a supportare costi insostenibili, gli operatori di questo settore sono stati costretti a reperire gli input in modo differente, facendo leva proprio sulle soluzioni resilienti e innovative dell’agricoltura circolare.

In questo senso si esprimono infatti la Commissione nella comunicazione del 2022 relativa all’accessibilità economica dei concimi, nonché il Parlamento nella Risoluzione del 16 febbraio 2023, che incoraggiano gli stati membri ad adottare misure per sostenere i produttori europei di concimi e per sostituire i concimi minerali con quelli organici.

Negli ultimi anni si registra quindi un mutamento e un adeguamento della disciplina sui fertilizzanti alle nuove esigenze di mercato e alle innovazioni promosse dall’economia circolare.

Inoltre, l’evoluzione del concetto di rifiuto e il sovvertimento della relativa gerarchia hanno circoscritto notevolmente le ipotesi di smaltimento per privilegiare il riutilizzo degli scarti come nuove risorse nuove matrici. In particolare, in forza della Direttiva rifiuti 98/2008, poi modificata con Direttiva 851/2018, è stata notevolmente ridotta la categoria di rifiuti, escludendo dalla relativa disciplina i residui potenzialmente riutilizzabili e commercializzabili. Ad esempio, il dispositivo di cui all’art. 5 riconosce giuridicamente il sottoprodotto e individua le condizioni per escluderlo dalla qualifica di rifiuto. La citata direttiva è stata quindi recepita nell’ordinamento nazionale con d.lgs. 205/2010, modificando e integrando il dlgs 152/2006, il Testo Unico Ambientale e si segnala in particolare il nuovo art. 184bis relativo proprio ai sottoprodotti.

Fino ai più recenti sviluppi, la normativa di riferimento per la circolazione di fertilizzanti nel mercato unico era il Regolamento 2003 n 2003, adottato dal legislatore con l’obiettivo di introdurre prescrizioni precise e uniformi, nonché di determinare la denominazione dei concimi a marchio CE. Tuttavia, il novero dei fertilizzanti commerciabili con la dicitura riconosciuta non ricomprendeva i concimi organici laddove invece la normativa italiana, di cui alla legge n 748 del 1984, trovava già applicazione anche per i composti organici.  Poi, con D.lgs. n 75 del 2010 si è provveduto a riordinare la disciplina nazionale anche in virtù della crescente diversificazione delle materie prime impiegate.

Il Regolamento del 2003 presentava infatti in questo senso un’importante lacuna impedendo di fatto ad una vasta tipologia di fertilizzanti, soprattutto di più innovativa conformazione, di poter circolare nel mercato dell’UE.

Con Regolamento UE del 2019 n 1009 è stata disposta l’abrogazione della previgente normativa, con l’obiettivo di adeguamento ai nuovi indirizzi comunitari e alla crescente necessità di utilizzare concimi organici e riciclati. La norma stessa, riconoscendo i fertilizzanti di matrice organica e di recupero, agevola il progressivo abbandono di concimi chimici.

La Commissione ha inoltre elaborato alcuni atti delegati appunto per aggiornare l’atto del 2019. Rilevano in particolare il Regolamento n. 2022/1519 riguardante le prescrizioni applicabili al post-trattamento del digestato e il Regolamento n. 2022/973 sui criteri in materia di efficienza agronomica e sicurezza dei sottoprodotti. Conseguentemente, a norma dell’art. 19 della legge n. 127 del 2022, si è incaricato il governo di adeguare il D.lgs. 75 del 2010 alle disposizioni del Regolamento UE del 2019.

È evidente, quindi, la necessità che l’attività legislativa sia costantemente aggiornata per sostenere la domanda e l’immissione nel mercato di prodotti innovativi.

In questa ottica rientra infatti lo status normativo riconosciuto al digestato, esempio emblematico di fertilizzante organico e di circolarità all’interno di una singola azienda. L’inquadramento normativo non è fine a sé stesso, ma consente di sciogliere i dubbi sulla qualificazione giuridica e di riconoscere, quindi, la gestione di tale prodotto quale attività prettamente agricola anziché attività di recupero dei rifiuti. Infatti, il digestato è la matrice organica in uscita dal processo di trattamento di biomasse, che l’accezione più tradizionale lo qualificherebbe come uno scarto. Chiaramente gli oneri di smaltimento di rifiuti tal quali sono maggiormente gravosi, per cui l’assenza di procedure regolamentari specifiche andrebbe a scoraggiare eventuali investimenti.

A norma dell’art 52 comma 2bis del D.L. n. 83 del 2012, relativo alle misure urgenti per la crescita del Paese, il digestato viene qualificato come sottoprodotto e in virtù di tale norma è stato emanato il D.M. n. 5046 del 2016 il quale dispone criteri univoci per la qualificazione del digestato come sottoprodotto, le modalità di impiego agronomico come fertilizzante organico e quindi la commercializzazione secondo la normativa europea al pari dei concimi chimici.

Inoltre, per sopperire ai recenti squilibri di mercato è importante far leva su questi nutrienti organici poco sfruttati soprattutto in vista della crescente crisi. Infatti, a norma dell’art 21 del D.L. n. 21 del 2022, come misura di contrasto agli effetti economici del conflitto ucraino, si è disposta la sostituzione dei concimi chimici con il digestato.

I fertilizzanti organici possono quindi svolgere un ruolo fondamentale per ridurre notevolmente la dipendenza alle importazioni di concimi promuovendo una sostenibilità non solo economica ma anche ambientale e sociale.

Permane, tuttavia, un caos normativo che ostacola il pieno sviluppo di tale settore, caos determinato da un’attività legislativa che opera a più livelli nonché dal forte tecnicismo della materia. A ciò si aggiunga l’alquanto grave problematica di carenza di elaborazioni dottrinali, nonostante il diritto agrario sia una branca di essenziale rilievo.

Bianca Vitali

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