Il tonno in scatola protagonista della storia della nostra gastronomia esiste ancora? Forse in qualche piccola enclave in Sardegna, forse, ma alla portata di pochissimi.
E quello che troviamo nei supermercati? La specie di pesce meno pregiata, gli scarti nelle scatolette, il prezzo ingannevole, una maturazione insufficiente, offerte finte, marchi che sono solo specchietti per le allodole…
LA SPECIE: IL TONNO ROSSO
Cominciamo dalla specie: il tonno che sa di tonno, almeno per i palati che hanno imparato a conoscerlo fino a un paio di decenni fa è il Thunnus thynnus, ovvero il tonno rosso del Mediterraneo, il cosiddetto tonno di tonnara. Protagonista della storia e del folclore di molti territori in Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Liguria, era un cibo quotidiano di prezzo contenuto, oggi è invece un prodotto di nicchia e solo nel territorio di Carloforte in Sardegna perché le altre tonnare sono tutte chiuse e, pescato con metodi diversi dalla tonnara, in qualche enclave siciliana.
Il problema non nasce tanto dal nostro consumo, non tale da creare problemi alla sopravvivenza della specie ma dalle autentiche razzie di questa specie ricercatissima e pagata a peso d’oro in Giappone.
Non è, quindi, che non esiste più sui mercati fresco o in scatola, ma è giustamente protetto limitando la quantità di esemplari pescati consentiti in ogni porto. Pertanto è ormai un prodotto di nicchia a prezzi non alla portata di tutti.
I TAGLI
Il filetto, ovvero il tonno classico, è la parte dorsale più consistente e adatto un po’ a tutti gli usi, tuttavia sul mercato sono più pregiati: la Ventresca, ovvero la parte ventrale, considerata di maggior pregio perché più grassa e più saporita, più morbida e ideale per i sughi; il Tarantello, un taglio intermedio, meno grasso ma saporito come la ventresca, forse il più gustoso per un semplice antipasto.
LE ALTRE SPECIE
Un po’ meno caro e quasi altrettanto buono è il tonnetto (Thunnus allitteratus): da qualche anno si è cominciato a produrlo sott’olio ma è ancora un prodotto che non si trova nei supermercati e nei banchi degli ambulanti ma solo nelle “boutiques” gastronomiche, ovvero in pochi negozi, e purtroppo non in latte grosse (vedremo poi perché è un peccato).
Un buon prodotto, ma dal gusto meno intenso e anch’esso non facile da trovare nei punti vendita più frequentati, è l’alalunga (Thunnus alalunga), di colore molto chiaro e dal gusto meno intenso.
Veniamo quindi al tonno meno pregiato e comunque accettabile se impariamo a sceglierlo, ma assolutamente dozzinale nella stragrande maggioranza dei casi: il tonno pinna gialla (Thunnus albacares), di provenienza oceanica.
DEV’ESSERE STAGIONATO
Il primo fattore di alta o bassa qualità è la stagionatura: un buon tonno sott’olio pretende un minimo di un anno di stagionatura (la tradizione vorrebbe molto di più, l’eccellenza può richiedere anche 5 anni) ed è assai difficile che l’abbia già raggiunta quando arriva sul mercato. L’etichetta ci aiuta solo nelle latte grandi, ovvero se compriamo sulle bancarelle o in alcuni negozi il tonno sfuso: l’anno indicato come scadenza o, più precisamente, di quando va preferibilmente consumato è pressoché sempre di 5 anni dopo il confezionamento per cui adesso va comprato (e non è facile trovarlo) tonno con indicazione del 2027 o precedente. Purtroppo invece si va alla cieca con le scatolette perché non ci sono regole precise: per il tonno non esiste infatti una data di scadenza obbligatoria ma la dicitura “da consumarsi preferibilmente…”, e non tutte la marche usano lo stesso criterio nell’indicare i termini.