Perché il Giro d’Italia ha dedicato la tappa di ieri, 19 maggio, al vino? E perché a Montalcino? Sorvolando sui motivi promozionali e pubblicitari, sotto sotto ci sarebbe un motivo ben più serio.
Perché qui, in ritardo su altri paesi ma oggi leader mondiale se non per numeri per fascino, è iniziata l’avventura del turismo del vino “organizzato”.
E il merito va a colei che possiamo definire senza tema di smentita la “Signora del vino” del nostro paese, Donatella Cinelli Colombini, laureata in Storia dell’arte medievale e rampolla di una nobile famiglia toscana che da secoli produce vini d’alto livello proprio a Montalcino. E che siamo orgogliosi di avere tra i soci dell’Accademia delle 5T fin dalla fondazione.
L’avventura iniziò quasi sei lustri fa, esattamente il 3 aprile 1993, quando fu fondato per sua iniziativa il Movimento Turismo del Vino. Donatella ebbe per prima un’intuizione brillante: le agenzie di viaggi offrivano da tempo pacchetti specializzati in turismo del vino, con mete come la Napa Valley, l’Alsazia, lo Champagne. Il flusso turistico nelle zone vinicole italiane, pur essendo molto selezionato, era invece tutto “fai da te” e frenato dalla scarsa organizzazione. Insomma, molti turisti del vino c’erano già, ma mal gestiti e spesso delusi, mentre altri non trovavano pacchetti turistici allettanti. Come rispondere alla grande domanda internazionale offrendo una visione più ampia del “vigneto Italia”, fino ad allora limitata ai soliti 15-20 grandi nomi per ospiti blasonati o dal portafoglio stracolmo? Come invogliare il pubblico italiano a conoscere questa straordinaria risorsa nostrana, di cui sanno di più gli Svizzeri e gli Austriaci che non gli stessi Fiorentini o Torinesi?
Semplice, pensò Donatella, basta uscire dalla solita brutta abitudine italiana di delegare l’ente pubblico, basta coinvolgere direttamente gli interessati, ovvero riunire, coordinare e responsabilizzare i produttori.
Il Movimento Turismo del Vino, un grande sodalizio di tutti quei vignaioli e imprenditori che si resero conto di come aprire le cantine al pubblico fosse il miglior modo per farsi conoscere e promuoversi, è stato il primo passo e da allora il mondo del vino è diventato il motore trainante del turismo in Italia: hanno preso forza le Associazioni “Città del vino” e “Le Donne del vino”, nate pochi anni prima, eventi come Cantine aperte e Calici di stelle sono diventati appuntamenti da non perdere per appassionati e neofiti, pian piano e a fatica qualche Strada del vino ha iniziato a lavorare sul serio… e Donatella è stata per tutte queste realtà un punto di riferimento (delle Donne del Vino è tra le fondatrici ed è attualmente Presidente) non solo come prestigio e presenza organizzativa ma anche e soprattutto come formatrice, lavorando in collaborazione con le Università di Siena e Bocconi di Milano e pubblicando testi fondamentali specifici sul Turismo del Vino.
Ed è così che proprio grazie agli uomini e alle donne del vino al territorio sono state date la “mentalità” e le strutture dell’accoglienza.
Non c’erano riusciti neppure i capolavori di Raffaello e di Michelangelo, allori su cui gli amministratori pubblici italiani hanno dormito a lungo: già, abbiamo l’arte, la storia e il sole, cosa dovrebbe volere di più il turista? E, infatti, gli stessi produttori che hanno aperto le loro cantine con lo spirito intuito e insegnato da Donatella, ovvero non di chi riceve un compratore ma di chi ospita un visitatore desideroso di conoscere, sono quelli che, come imprenditori, contadini o dirigenti, hanno poi realizzato le strutture e i servizi necessari a un turismo moderno: alberghi, ristoranti, uffici informazioni, scuole di formazione.
In questo modo hanno portato lo stesso ospite che viene a visitare gli Uffizi ad assaggiare un gioiello della nostra cultura come il Brunello.
E viceversa.
Del resto, non si partiva da zero: secondo un’analisi del ministero, il vino costituiva già la terza motivazione del turista straniero. Da allora in quasi 30 anni la nostra enogastronomia si è guadagnata il primo posto nella classifica del gradimento espresso dai turisti. Inoltre, i prodotti alimentari, vino compreso, consumati o acquistati costituiscono oltre il 50 per cento della spesa turistica totale.
È questo che Donatella Cinelli Colombini è andata insegnando, girando indefessamente in Italia e all’estero tra convegni e seminari.
La creatività e la vocazione organizzativa di Donatella sono nate nella prestigiosa Fattoria dei Barbi a Montalcino e lei un grande amore e rispetto per la natura. Fu qui che si è “fatta le ossa” lanciando uno dei più prestigiosi premi letterari e giornalistici, il Premio Barbi Colombini, oggi diventato premio Casato-Primedonne, che ha portato a Montalcino celebrati scrittori e giornalisti.
Poi si è impegnata nella battaglia in difesa delle nostre specificità, dall’olio extra vergine d’oliva ai pecorini, ai tartufi, oltre ovviamente a occuparsi dei vini delle sue fattorie. I genitori, infatti, hanno diviso le responsabilità tra i figli: il fratello si occupa della Fattoria dei Barbi, Donatella si è buttata anima e corpo nella paterna Fattoria del Colle a Trequanda (affascinante agriturismo) e nella rinascita della Fattoria del Casato, oggi Casato Prime Donne, a Montalcino. Dai vigneti della fattoria nasce un’altra sua prestigiosa creazione: il Brunello Prime Donne, il primo vino tutto “al femminile”, modellato secondo il gusto di qualificate assaggiatrici internazionali e realizzato anno dopo anno da uno staff di donne. Donatella ha sempre avuto il fiuto dei tempi che cambiano ma non ha voluto mai rinunciare alla difesa del bello e del buono che i nostri padri e le nostre terre ci hanno tramandato. Con questo spirito e con la stessa creatività ha affrontato per diversi anni il ruolo di assessore al Turismo del Comune di Siena: tra le sue idee più innovative il cosiddetto Trekking Urbano, che da Siena si è diffuso in tante altre città d’arte italiane.
Tutto ciò senza nulla togliere al suo impegno in fattoria – oggi con il prezioso aiuto della figlia Violante – con successi sempre maggiori dei suoi vini (e del suo olio), in particolare dei suoi Brunelli e di Cenerentola, un vino della Val d’Orcia che valorizza un’uva autoctona dimenticata, la Foglia tonda. Una Cenerentola con le scarpette di rovere.