Transizione ecologica? Cominciamo con le idiozie quotidiane

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Della cosiddetta “transizione ecologica” si parla tanto ma si fa abbastanza?

Forse finalmente gli appelli a un diverso modo di consumare, a una consapevolezza dello spreco inutile e quindi a una maggiore attenzione, stanno ottenendo ascolto da un numero sempre maggiore (ma comunque minoritario) della gente: occorre vincere la convinzione (che comunque fa tanto comodo) della grande maggioranza degli individui di non essere comunque in grado, anche passando a comportamenti più virtuosi, di incidere sui comportamenti globali: non è vero perché i comportamenti della massa sono la somma dei comportamenti di ciascuno, ognuno ugualmente e siingolarmente importante, ognuno con la sua quota di responsabilità.

Ma ammesso, e purtroppo non concesso, che la sensibilità per il bene comune e il senso di responsabilità conquistino abbastanza persone, sono messe di fatto in condizione di incidere in modo davvero decisivo? Ci sono tante vere e proprie idiozie dal punto di vista “ecologico” (termine impreciso ma comprensibile) che, sommate, sono peggio dei peggiori cataclismi. Perché come miliardi di centesimi possono fare plurimilionari, miliardi di minuscoli pezzettini di carta o di plastica non riciclabili possono provocare accumuli irrimediabili. Oltretutto miliardi di pezzettini di carta sono milioni di alberi abbattuti. E queste sono idiozie provocate da avidità o ignoranza a cui solo un intervento legislativo può porre sul serio rimedio perché il cittadino è privato delle alternative o è scoraggiato da cercarle.

Ma un segnale possiamo comunque darlo almeno in quei casi in cui alle alternative siamo scoraggiati ma non ci sono vietate.

Questo non significa non essere vigili e attenti alle macroscelte di chi governa o dovrebbe governare, ma significa essere vigili e attenti anche sulla necessità non più procrastinabile di interventi sulle apparenti piccolo cose che incidono sui danni all’ambiente. E soprattutto non adagiarci sull’errata convinzione che basti delegare.

Tutti condividono infatti la necessità di drastici cambiamenti nelle fonti di energia, tutti condividono, almeno a parole, la necessità di ridurre drasticamente la plastica, o meglio la plastica derivata dal petrolio. Lo condividono pure quegli scienziati che sostengono – e probabilmente a ragione – che i cambiamenti climatici sono dovuti solo in una parte più o meno minoritaria dai comportamenti “viziati” dell’Homo sapiens, ma in gran parte fanno parte dei normali cicli periodici che da sempre hanno modificato e modificano l’ambiente terrestre. Lo condividono perché non si possono più negare comunque alcuni aspetti che trascendono persino il problema dei cambiamenti climatici.

Ma quanto incideranno le decisioni – ammesso che in buona parte non siano solo dichiarazioni di intenti con scarsa speranza di concretezza – dei vari summit internazionali?

Forse incideranno ma mai quanto potrebbero incidere diversi comportamenti individuali quotidiani dei cittadini della parte di mondo privilegiato che hanno provocato tanti danni proprio per la loro storica avidità di privilegi.

E mai quanto potrebbero incidere scelte politiche apparentemente rivolte a piccole cose rispetto, per esempio, alle fonti energetiche, ma altrettanto determinanti nel loro insieme.

Perché è inutile negarlo, siamo in troppi e saremo sempre di più e nessuno vorrebbe (almeno speriamo) che la soluzione giunga dalla natura (con l’aiuto dell’idiozia umana) attraverso megaepidemie o grandi cataclismi, né che giunga da una irreversibile guerra mondiale. Oltretutto siamo in troppi ma con un evidente paradosso: la popolazione non aumenta, a volte diminuisce, dove c’è un supposto benessere perché il consumismo patologico ha sovvertito le leggi di natura, la popolazione si moltiplica a dismisura dove l’avidità di denaro e di potere ha portato e continua a portare alla fame.

Cosa possiamo fare noi del mondo privilegiato per aiutare coloro che aumentano anche se molti di loro muoiono di fare non è il tema di questo articolo, cosa invece dobbiamo fare per non aggravare il problema frenando quei nostri vizi che di fatto sono irrilevanti sul nostro benessere è facile, basta smetterla di seguire il branco abilmente guidato e agire pensando.

Per quanto dipende esclusivamente dalle nostre scelte quotidiane abbiamo già scritto tanto e ci torneremo fino ad annoiare, ma ora vediamo su cosa dobbiamo fare pressione per imporre diverse scelte a chi ci governa a proposto di quei miliardi di pezzettini di carta, di plastica e non solo che si accumulano giorno dopo giorno senza possibilità di essere eliminati sul serio.

Essere cittadini responsabili non è un vantaggio solo per l’ambiente ma soprattutto per noi stessi, per la nostra salute, per il nostro portafoglio e… per la mente: pensare fa bene!

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