Il mito della Serenissima si rinnova nei secoli grazie a un ambiente, una storia, una straordinaria e soprattutto unica aggregazione di arte, arti, mestieri, intrighi, misteri, racconti, dissolutezza e… allegra leggerezza. Ma protagonisti non furono e non sono solo laguna e dogi, marinai e mercanti, artisti e commedianti ma anche osti e locandieri come Giuseppe Cipriani, fondatore di una dinastia e di un mito, l’Harry’s bar, nato il 13 maggio del 1931 (compie oggi novant’anni), un’osteria secondo la tradizione veneta, che oggi potremmo definire di lusso, ma che in realtà è stata a lungo più di un salotto letterario, bensì un rifugio di serenità e sfogo che ha accolto gente che ha fatto la storia e soprattutto scrittori e personalità del cinema.
Quanto fosse quasi una necessità lo esprime con evidenza Ernest Hemingway – che nel dopoguerra aveva nell’Harry’s bar un posticino riservato – in quella disperata ma vivida storia di caccia, di amore e di morte che troviamo nel romanzo “Di là dal fiume e tra gli alberi”.
Complice di Giuseppe Cipriani nel creare, un po’ per merito un po’ per caso, l’osteria più famosa del mondo, fu la location: vicinissima a Piazza San Marco, ma non di passaggio, bisognava andarci apposta.Ma la fama ancora intatta di oggi dell’Harry’s bar donde proviene? Hemingway, Orson Welles, Gary Cooper…? Sciocchezze! Oggi l’Harry’s bar è noto nel mondo per una bevanda e un piatto, due geniali inni ai colori dell’arte dei pittori veneziani e capolavori di semplicità di Giuseppe Cipriani.
La bevanda è il Bellini.
Dedicato al pittore Giambellino (Giovanni Bellini), era in origine un cocktail composto di Champagne e polpa di pesca bianca sbucciata, frullate e filtrata. Giuseppe Cipriani aggiungeva un tocco di succo di lampone per ottenere il colore voluto se la pesca utilizzata non aveva quelle venature rosse tipiche di alcune varietà. Oggi usano di tutto – anche succo di pesca industriale – ma l’unica variante tollerabile nel nome del territorio (e tutto sommato anche migliorativa) sarebbe il Cartizze (Prosecco di Valdobbiadene superiore di Cartizze DOCG). E’ comunque ndispensabile la pesca bianca, non gialla, e fresca. Sarebbe ideale, proprio nel nome del territorio d’origine del cocktail, ma di certo non facile da reperire, la Pesca bianca del Cavallino.
Il piatto è il Carpaccio.
Ormai oggi il termine “carpaccio” indica qualsiasi piatto di crudità tagliate a fette sottili e condite nei modi più vari. In realtà è stato coniato da Giuseppe Cipriani all’Harry’s Bar di Venezia, quando creò la ricetta per una contessa sua fedele cliente e la chiamò così pensando ai colori del celebre pittore del quale in quei giorni a Venezia era in atto una mostra.
Carpaccio, ricetta originale
Ingredienti per 4 persone
- 800 g di controfiletto di manzo tagliato a macchina (sarebbe ideale la carne di razza Piemontese, perfetta per il consumo crudo)
- 4 tuorli d’uovo
- 10 g di senape inglese
- 1/2 limone
- olio extra vergine d’oliva di tipo fruttato delicato
- 7/8 gocce di salsa worcestershire
- 1 cucchiaino raso di aceto bianco di vino
- sale
Mettiamo in una ciotola a fondo tondeggiante i tuorli, che devono essere rigorosamente a temperatura ambiente. Aggiungiamo olio a filo sbattendo con la frusta senza mai smettere. L’olio sarà sufficiente quando la salsa sarà molto consistente e non lo assorbirà più. Aggiungiamo il sale e gli altri ingredienti e riprendiamo a sbattere a mano o, se il frustino è elettrico, a bassa velocità: la salsa perderà consistenza ma resterà comunque ben emulsionata. Stendiamo sui piatti le fettine di carne e irroriamole con la salsa.
Proviamo il Carpaccio con la carne di razza Piemontese da allevamento semibrado di Lorenzo Bonadeo di Montegioco (AL, www.cascinacapanna.it) o quella della Macelleria Zivieri di Zola Predosa (BO, www.macelleriazivieri.it). O ancora con quella, magari di Bue grasso, della Macelleria Motta di Inzago (MI, www.ristorantemacelleriamotta.it).