La mela che abbronza: la Annurca

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Le mele prevalenti, purtroppo non solo nei supermercati ma anche nei frutteti delle piccole fattorie, sono perlopiù varietà di origine americana: possono essere buone e profumate, ma difficilmente se la cavano da sole, hanno bisogno del nostro aiuto per maturare sane, un aiuto più o meno in sintonia con l’ambiente a seconda delle caratteristiche del territorio e della sensibilità del contadino. Invece molte mele antiche, ambientate naturalmente nella loro terra di origine, sono molto più rustiche e meno pretenziose. Spesso, anzi quasi sempre, sono anche meno generose e meno “uguali”, il che non va d’accordo con le leggi del mercato. Per anni, così, una parte di noi, terrorizzata da voci che dicevano che, vero o falso che fosse, quelle belle melone sul mercato erano più avvelenate di quella di Biancaneve, andava a cercare melette verdi e ammaccate… Anche molto buone? Solo qualche volta. Poi anche nelle città del Nord sono spuntate le Annurche o Melannurche, e sono diventate di moda: non tutte uguali, molto saporite, non belle e appariscenti ma neppure brutte e ammaccate, napoletane come la pizza e la mozzarella…E costavano pure il doppio.

Finché sono diventate IGP, ovvero tutelate da un disciplinare che innanzitutto garantisce che si tratti del frutto delle cultivar di melo “Annurca” e “Annurca Rossa del Sud”, prodotti in diversi comuni delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno. Poi impone la pratica del melaio (la raccolta preventiva con successivo completamento della maturazione al sole), metodi colturali ben precisi, resa contenuta.

Il successo delle Annurche tra i gourmet e i salutisti è più che giustificato dai fatti. I primi ne apprezzano il buon equilibrio tra dolcezza e acidità e la polpa croccante e profumata, con quella consistenza da mela selvatica che ci ricorda le meline inselvatichite che coglievamo da bambini durante le passeggiate in campagna e che ci piacevano perché avevano il fascino del proibito, del rubacchiato, ma anche perché ci facevano passare la sete e ci lasciavano la bocca buona.

Per i salutisti quello che conta è che le Annurche sono ricche di fruttosio, hanno un tasso di cellulosa dello 0,9%, concentrato per lo più nella buccia, sono di grande beneficio per i diabetici, abbassano il colesterolo nel sangue perchè ostacolano il suo assorbimento mediante il fitosterolo e la pectina che rendono il colesterolo alimentare inassimilabile.

Pur se questi pregi non sono solo delle Annurche, ma di molte altre mele, tuttavia proprio studi recenti hanno dimostrato come una la pratica antica del melaio  accentua i contenuti in antiossidanti: infatti non solo la varietà di mela ma anche la conservazione della stessa può influenzare il contenuto di estratti polifenolici e l’Annurca, grazie a una combinazione ideale tra proprietà genetiche varietali e modalità tradizionali di produzione e conservazione (la raccolta precoce seguita dall’arrossamento nei melai), si è dimostrata la mela più ricca di questi preziosi elementi e, quindi, quella “più antiossidante”.

Come su una spiaggia affollata

Le Annurche che ci arrivano in tavola, infatti, non sono come quando vengono staccate dall’albero: cultivar molto antica, riconoscibile già in alcuni dipinti nella Casa dei Cervi a Pompei e a Ercolano, questa mela da sempre è soggetta ad alcuni accorgimenti dopo la raccolta. Una volta probabilmente si trattava di pratiche occasionali e incostanti, in epoca moderna di tecniche di raccolta costanti e, con il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP), addirittura regolamentate.

Ecco quindi i cosiddetti melai, dove in pratica le Annurche riposano a lungo al sole fitte fitte come le sdraio a Rimini. Ma perché? La Melannurca presenta un peduncolo corto e debole che, quando il frutto, ormai cresciuto, comincia a esercitare una pressione eccessiva sul rametto, cede e fa cadere il frutto.

E ciò avviene quasi sempre prima della completa maturazione, ossia prima che la buccia prenda colore. Non solo: cadendo il frutto rischia di ammaccarsi e di ferirsi, e, come sappiamo, le ferite sono la porta d’ingresso di muffe e parassiti.  È quindi indispensabile raccogliere la nostra mela in anticipo, ma, accidenti!, è ancora tutta verde: chi mai la comprerebbe?

Ecco, quindi, che bisogna farla abbronzare stendendola al sole: raccolta in ottobre, la nostra Annurca se ne sta nel melaio, ovvero, in pratica, per terra, ma dove batte il sole, anche fino a dicembre, tutto dipende da quanto sole c’è nell’autunno campano e quindi da quanto tempo ci mette a diventare bella rossa. Naturalmente viene spesso rigirata e, se ha il cattivo gusto di marcire, viene scartata. Una volta il melaio era semplicemente lo spazio intorno all’albero, oggi sono aree protette.

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