di Dino Conta, La Voce della Zolla
Il sentimentalismo è spiritualità fittizia, sta al vero amore come il buonismo alla bontà.
Da sempre non esistono grandi vini ma GRANDI BOTTIGLIE DI VINO, tutto ciò è dovuto alla “fatale” interazione tra il materiale di chiusura (storicamente il sughero) ed il vino.
Da molti anni si studiano materiali e chiusure in alternativa al sughero.
Quando un vignaiolo o un produttore pensa al vino, spero pensi di portare nel bicchiere i veri umori della terra, col massimo della sensibilità e i minori sbagli possibili.
La chiusura determina l’evoluzione di un vino oltre che essere fondamentale per il percorso dalla cantina al bicchiere.
Produrre un vino richiede un lavoro lungo e complesso, inizia nella vigna e fisicamente termina con l’imbottigliamento.
Da quel momento l’alta qualità ottenuta la si può rispettare, compromettere, o confondere.
Nella medesima cassa di 12 bottiglie ne possiamo trovare alcune offese dal TCA, altre fantastiche, altre bevibili ma non esaltanti, altre mute, ossia senza palesare difetti, ma senza concedere emozioni.
I più grandi sbagli nella storia del vino si sono fatti con le chiusure.
Soprattutto in Italia l’associazione vino-tappo di sughero è talmente radicata, che alcuni disciplinari di produzione lo prevedono come unico materiale utilizzabile; altri, da una decina d’anni, si stanno aggiornando concedendo tutti i tipi di chiusura previsti dalla legge.
Per un campione di Moto GP, oltre la competitività del mezzo, è fondamentale la scelta delle gomme che è spesso la chiave di una gara. Il pilota le sceglie in base alla propria sensibilità ma anche sulla base di dati tecnici.
Come un pilota può stare al vignaiolo e la moto all’interazione territorio – vitigno, così i pneumatici possono compromettere o esaltare la gara e la chiusura può compromettere o esaltare la bottiglia.
Con l’ausilio di riflessioni sportive, umane e tecniche, sembra chiaro che il vignaiolo debba avvalersi della scienza e delle varie tipologie di chiusura a disposizione, mettendo in second’ordine scelte estetiche, che possono addirittura rivelarsi inquinanti, per assecondare un mercato.
A fronte di centinaia di tipologie di vini esistenti al mondo, quindi, ogni vino e ogni progetto avranno modo di usufruire delle chiusure ottimali al proprio scopo, che non necessariamente saranno le più costose.
Tre sono i benefici d’impresa affidati a una chiusura: sono quelli del viticoltore, del vinificatore e dell’affinatore che, nel caso del vignaiolo, si concentrano spesso in una sola azienda, a volte in una sola persona.
Il viticoltore che a settembre raccoglie le uve e che, invece di metterle sul mercato, le porta nella propria cantina, il vinificatore che le trasforma in vino e l’affinatore che in periodi, che possono andare da pochi mesi a diversi anni, provvede a gestirne l’invecchiamento, alla messa in bottiglia e a immetterlo sul circuito commerciale.
Chiusure non adeguate possono portare una catastrofe economica in un’azienda vitivinicola.
Solo la sperimentazione, la degustazione comparativa di vini dello stesso lotto, anzi vasca, imbottigliati con chiusure diverse aiuta a capire differenze talvolta enormi.
Nelle aziende con lo stesso approccio, tecnico, filosofico e di mercato, può succedere che per i vini bianchi di pregio il tappo a vite possa risultare ideale mentre risulta non indicato per i rossi da grande invecchiamento.
Anche le chiusure in materiali di derivazione non vegetale possono essere ottimali per alcune tipologie di vini.
Con l’abbandono parziale delle chiusure in sughero ci saranno molteplici benefici: il primo, dovuto alla minor esigenza di sughero, è che le plance si potranno far maturare e le piante decorticare a maturazione ottimale. La grande competizione permetterà ai produttori di tappi in sughero, una volta per tutte, di confrontarsi con la scienza e quindi immettere sul mercato solo prodotti di altissimo livello.
Di certo tra qualche anno la quasi totalità di vini al modo saranno chiusi con materiali inerti.
Si ridurrà il rischio di inquinamento e la soglia dei vini difettosi, oggi calcolata nell’ordine del 5%, scenderà sotto l’1, conseguentemente i ristoratori dovranno ricalcolare il ricarico di una bottiglia con un coefficiente più basso poiché “i lavandini berranno meno vino”.
A proposito del rapporto tra vino e denaro ne parleremo la prossima volta.