Api che sfidano il vento a Pantelleria

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Raccolte di firme, appelli, allarmi catastrofici, del resto non infondati, portano all’onore delle cronache e al ruolo di protagonisti nei social questi laboriosi insetti tanto amici (e magari pure intelligenti) che stanno pure attenti a usare il pungiglione con parsimonia.

Già, se ne parla tanto, ma si fa altrettanto? Se i cambiamenti del clima, o meglio i capricci del clima, fanno brutti scherzi agli agricoltori, le api ne soffrono anche di più.

Si sono adattate infatti ai cicli stagionali – e alle conseguenti fioriture – dei diversi territori dove sono nate e riprodotte da generazioni.

Le istituzioni e gli istituti di ricerca lavorano seriamente per ottimizzare la vitalità e la resa delle api cercando di identificare e tutelare le famiglie che hanno colonizzato un territorio da secoli adattandovisi?

La ricerca sulle api pantesche

Un esempio virtuoso lo troviamo nell’Isola di Pantelleria, dove continua l’attività di ricerca condotta da Paolo Fontana, con il suo staff della Fondazione Edmund Mach, e da Livia Zanotelli, del Centro Trasferimento Tecnologico. Si tratta dello “Studio delle api da miele” sull’isola di Pantelleria nell’ambito del progetto Biodiversa 2020: impollinatori sull’isola di Pantelleria con il coordinamento dell’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria.

In effetti l’Isola è un perfetto campo d’indagine per le caratteristiche peculiari pedoclimatiche: “le api locali – ci racconta Danny Almanza, apicultore di Pantelleria – qui hanno acquisito la capacità di fare il loro lavoro pur con lunghi periodi di vento corrispondenti alle più remunerative fioriture e a una stagionalità delle fioriture stesse molto diversificata; non è facile adattarsi per sciami di altri territori tant’è vero che le api locali appartengono alla sottospecie Apis mellifera siciliana (o c’è chi ipotizza sottospecie africana), da cui pare evidente una differenziazione ulteriore ovvero l’identificazione di una specifica Apis mellifera pantesca”

Le api selvatiche importanti per capire

Le diverse spedizioni sull’isola nel 2022 e 2023 hanno consentito la raccolta di campioni per sviluppare la ricerca sulle api da miele gestite da apicoltori e non gestite (selvatiche) di Pantelleria prelevando campioni di api, di polline e di miele sia da colonie libere sia da colonie gestite da apicoltori locali. Nel maggio del 2022 è stato organizzato il primo congresso internazionale “Apis silvatica” e nel febbraio 2023 è stato organizzato il primo corso di apicoltura tenutosi sull’isola.

L’aspetto più importante emerso riguarda appunto la peculiarità delle stesse api oggi presenti sull’isola, perché in nessun luogo forse come a Pantelleria, Apis mellifera risulta una componente degli ecosistemi e, pertanto, ne va garantita la sopravvivenza che potrebbe essere compromessa dalle risorse alimentari che si sono evolute insieme alle trasformazioni dell’ambiente naturale.

Una normativa per proteggerne l’identità

L’aspetto però più significativo e che pone la maggiore urgenza di azioni è la loro identificazione. Sulla base dei dati genetici e morfometrici, oltre che sulla base di considerazioni biogeografiche, risulta essere indubbiamente una “Unità evolutivamente significativa” e quindi necessita inderogabilmente di protezione. La sua appartenenza alla sottospecie Apis mellifera siciliana o alla sottospecie africana, non è ad oggi dimostrata completamente. Non si esclude infatti che le api pantesche, seppur soggette nei decenni recenti ad una certa ibridazione, possano costituire una sottospecie a sé stante. Da qui la proposta di decretare lo stato di protezione della popolazione pantesca di Apis mellifera con una discussione dettagliata, sia con il Parco nazionale Isola di Pantelleria che con l’amministrazione locale e ovviamente con gli apicoltori presenti a Pantelleria. Potrebbe essere quindi proposta alla Regione Siciliana l’inclusione dell’isola di Pantelleria in questo quadro normativo con una fondamentale clausola, cioè il divieto di introduzione a Pantelleria anche di Apis mellifera siciliana o africana dall’esterno. A questo divieto andrebbe affiancata una azione pratica di “scrematura” delle componenti inquinanti il locale patrimonio genetico già presenti sull’isola per le recenti introduzioni di api mellifere da fuori isola. Questa azione che deve prevedere l’individuazione (obbligatoria per la normativa relativa all’apicoltura) di tutte le colonie gestite, l’analisi molecolare di ognuna di queste colonie e la sostituzione della regina con regine più conformi ottenute da materiale più conforme a un quadro genetico autoctono.

Per mettere in atto questa importante azione sulle api degli apicoltori panteschi servirà ovviamente un quadro normativo ma soprattutto la loro collaborazione. Servirà altresì istruire almeno alcuni di questi per la moltiplicazione del materiale genetico più conforme, organizzando un corso specialistico (teorico e pratico) per la produzione di api regine con tecniche che garantiscano la conservazione della più ampia variabilità genetica. Questa operazione avrebbe una assoluta valenza locale ma sarebbe anche uno dei pochi progetti di questo tipo a livello mondiale, diventando un caso studio di valore assoluto.

Solo attraverso una indagine e un piano operativo di questo tipo sarà infine possibile formare un quadro esauriente dal punto di vista etologico e biologico e attribuire uno status tassonomico e un nome alla popolazione di Apis mellifera di Pantelleria, che in ogni caso merita e necessita una protezione adeguata, risultando un unicum nell’ambito della specie.

Anche le api non sono uguali dappertutto

È meno evidente e forse persino poco studiato ma è avvenuto per le api esattamente come per gli animali un tantino più grossi per cui si sono evolute razze di ovini, bovini, suini, polli e via dicendo con abitudini ed esigenze di vita diverse. Per questi animali un tantino più grossi l’Homo sedicente sapiens ha trovato una poco etica e poco sana soluzione trascurando le razze più adattate all’ambiente (quindi con carni, latte o uova più buone e più salutari), allevando invece razze più produttive (più o meno “costruite”), rinchiudendo gli animali in angusti pertugi e crudeli gabbie e tenendoli in vita con chissà quali intrugli.

Le api invece non si possono allevare in gabbia, anzi è l’unico caso di allevamento equo: l’uomo offre loro la casa e loro pagano l’affitto in miele, cera e propoli. O meglio, è così per gli apicoltori lungimiranti e che fanno correttamente il loro lavoro ottenendo del buon miele.

Per questo l’attenzione e il rispetto per le peculiarità delle famiglie di api in ogni territorio è tantopiù fondamentale oggi a causa proprio dei cambiamenti climatici che le disorientano. In passato ci sono stati diversi periodi, anche non troppo lontani, di importanti cambiamenti climatici e le api hanno saputo adattarsi ma con tempi molto più lunghi di quelli tollerabili in questi frenetici decenni. L’Homo sedicente sapiens, se è sapiens sul serio, deve aiutarle.

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