È il portabandiera dei “piccoli frutti” o “frutti di bosco”: piccolo lo è di sicuro, di bosco lo è più di tutti gli altri perché non si lascia coltivare: anche quello sul mercato ci dona tutta la bontà e la salute di ciò che cresce solo quando e se natura vuole. Purché sia lui, Vaccinium myrtillus.
Le mamme dovrebbero lasciare che i loro bambini e i loro ragazzi (e, perché no, i loro non meno golosi mariti) si abbuffino di mirtilli neri. Queste minuscole palline che rendono ghiotte le gite d’agosto sono la quintessenza della salute per le famiglie, e non solo di salute fisica ma pure di rilassamento mentale. Perché il mirtillo è l’argomento buono per non litigare con i bambini, per non dover strillare al momento di allontanarli dalla tv o dal parco giochi: “su che andiamo a Malga…, dove ci sono quei mirtilloni così grossi!”. Ed ecco che la contestazione rientra e possiamo partire tutti insieme serenamente. E poi potremo essere meno severi sulla tavolata del rifugio, concedere il wursterone e non insistere sulla zuppa d’orzo: una buona dose di vitamine e sali minerali è già nei pancini. E non finisce qui, se non mangiamo il mirtillo in tavola o addirittura nel bosco finirà che dovremo comprarlo… in farmacia, sotto forma di una miriade di preparati di medicina ufficiale ordinati dal medico: è meglio mangiarlo, non è vero?
Andiamo per mirtilli, in agosto e settembre, in montagna fino a oltre 2000 m di altitudine (in Val d’Aosta finanche a 3000!), sia ai margini dei pascoli e delle praterie umide, sia nelle radure e nei boschi radi di abete rosso, faggio, abete bianco, larice, pino cembro.
Ma nei mesi precedenti questo piccolo frutto è cresciuto – naturalmente dove il tipo di suolo lo consente – anche nei castagneti di collina e media montagna e, più raramente, persino in pianura in boschi di castagno misto a pino, dove è maturato fin da fine maggio.
Osserviamo le foglie per non sbagliar frutto
È facile da riconoscere, ma per un adulto. È bene invece che teniamo d’occhio i bambini. Il mirtillo nero matura infatti in luoghi dove maturano contemporaneamente molti altri piccoli frutti scuri velenosi, diversi certo, per esempio molto più grossi (come nell’erba crociona) o accoppiati (come quelli di certe lonicere), ma comunque sempre neri e sempre attraenti all’occhio dei più piccoli. Non c’è bisogno di impedire ai bambini di coglierli sul posto, toglieremmo loro il gusto anche di mangiarli, dobbiamo però far loro una testa così insegnando a riconoscere le foglie prima dei frutti.
Il Vaccinium myrtillus è conosciuto come alimento da tempi immemorabili, i semi sono stati trovati negli insediamenti preistorici di quasi tutta Europa. Nel mondo romano era ben noto ma non rientrava tra le piante protagoniste del folclore e del mito perché non è specie mediterranea, al contrario per le popolazioni celtiche e germaniche è sempre stato un protagonista della vita quotidiana, insostituibile nella gastronomia, simbolo di accoglienza: tanto è accogliente la natura nell’offrirlo in abbondanza, così è accogliente la famiglia che lo offre all’ospite in mille forme secondo la stagione. Così era (ed è ancora) sempre presente fresco nel menu nei mesi caldi, lo era nel bicchiere sotto forma di curiosi vini e liquori durante il freddo inverno. Un tempo infatti il suo succo era fermentato dalle famiglie per ottenerne bevande inebrianti: ancora oggi i distillati di mirtillo sono più pregiati rispetto a quelli, pur ottimi, ottenuti per infusione. Simbolo di abbondanza, è infatti uno dei pochissimi alimenti spontanei che tuttora regge la presenza sui grandi mercati – almeno nei paesi nordici – e nei prodotti industriali, ma negli ultimi anni, a dire il vero, sempre meno.
Perché sono sempre meno nel bosco?
Innanzitutto perché spesso fiorisce troppo presto: le variazioni del clima sono micidiali per una pianta i cui fiori amano il rischio. Infatti il mirtillo fiorisce ai primi tepori in ambienti facili alle gelate tardive come l’alta montagna e i paesi nordici: negli ultimi anni molto spesso l’inverno è stato caldo e, in tarda primavera, è caduta la neve e ci sono state notti gelide. Di conseguenza il mirtillo, perdendo i fiori, non ha fatto frutti, ed è sempre più frequente la triste inutile camminata tra cespugli rigogliosi dove non spunta neppure un frutto.
Un secondo motivo è un metodo di raccolta scroteriato: esiste uno strumento creato apposta per raccogliere i mirtilli: una paletta in legno fornita di pettine metallico.
Per il mirtillo rosso, che nasce in grappoletti all’apice della pianta, è perfetto, per il nero è un aggeggio vandalico. Infatti defoglia la pianta e strappa pure i mirtilli ancora acerbi.
Se non vogliamo provocare danni irreparabili, fino alla definitiva morte della pianta, dobbiamo invece raccoglierli uno a uno, riponendoli poi in un recipiente rigido e forato: il sacchetto di plastica li farebbe fermentare.
Un’ottima idea è usare il diabolico pettine non per risparmiare tempo e fatica, ma per igiene: cogliamo i frutti con lo strumento a uno a uno, senza quindi danneggiare le foglie, ma evitando di toccarli con le mani, che potrebbero essere sporche o sudate.
Perché sono sempre meno sul mercato?
Il motivo per cui i mirtilli nostrani (Vaccinium myrtillus) diminuiscono sui mercati è abbastanza ovvio: l’impossibilità di coltivarli ne limita la stagione e, soprattutto, la raccolta manuale è laboriosa e quindi costosa.
Industria e grande distribuzione non perdono mai l’occasione per risparmiare, e i mirtilli coltivati giganti, di specie diverse d’origine americana, costano molto meno. Ma se freschi si identificano subito, quali mirtilli si nascondono nei sottovetro e nelle preparazioni dietetico-medicinali? Ormai, se l’industria è dirottata verso i mirtilli americani, coltivati qui o importati dal Canada, non è la stessa cosa per alcuni piccoli produttori sia per scelta qualitativa sia per esigenze nutrizionali o addirittura medicinali: il mirtillo americano non ha gli stessi contenuti salutistici, per cui è ancora utilizzato il Vaccinium myrtillus e, in tal caso, viene chiaramente precisato in etichetta come elemento migliora- tivo.
Seppure tutti eccellenti, i mirtilli selvatici non sono tutti uguali: quelli delle valli appenniniche, ancora di piuù se sui crinali assolati, sono più alti e danno frutti molto grossi e dolci, i folti e bassi mirtilleti delle foreste di conifere delle Alpi danno frutti meno grossi e più aciduli ma anche più saporiti, che si arricchiscono in dolcezza se crescono ai margini dei pascoli soleggiati oltre i 2000 metri. I mirtilli precoci di collina e pianura sono meno buoni.
Per gli occhi e non solo
I mirtilli nostrani sono una vera panacea.
Si è fatta una grande propaganda qualche lustro fa sul loro potere benefico per gli occhi, del resto noto da almeno tre secoli: si è scritto un po’ dap- pertutto che gli astronauti e i piloti dei jet debbono mangiare tanti mirtilli. Così il mercato è stato invaso di pillole, succhi, sciroppi al mirtillo. Gli occhi traggono beneficio dalle sostanze coloranti del mirtillo, gli antociani in particolare, soprattutto quando sono costretti a repentini passaggi dalla luce al buio, come, per esempio, nella guida notturna. Ma non è tutto qui: i mirtilli freschi e conservati sono pure dei vasoprotettori contro la debolezza dei capillari, hanno un forte potere antidiarroico e antibatterico, contengono diverse vitamine.
In cucina non solo dolci
Il mirtillo nero è un ingrediente tradizionale di crostate, budini, gelatine, composte fredde, gelati: il suo buon contrasto dolce acido si presta e mille ricette. Lo possiamo usare in pasticceria sia crudo sia cotto, così come possiamo ottenere ottime torte e salse con la sua confettura. Ma il suo utilizzo tra le specialità dolci è anche troppo facile, ovvio, mentre possiamo stupire gli ospiti con diversi piatti salati insaporiti e colorati con il mirtillo nero. È quasi un classico il risotto con i mirtilli, o anche quello con mirtilli e porcini o mirtilli e finferli. I frutticini freschi e crudi possono rendere più fantasiosa un’insalata di verdure e carni, o un carpaccio di carni rosse, magari pure di cervo. Possiamo servire del formaggio caprino fresco morbido con un filo di succo di mirtillo fresco, o irrorarne, con molta moderazione, del pesce d’acqua dolce mentre cuoce sulla griglia. Ma l’uso più frequente in cucina del mirtillo nero è per salse, in pratica confetture fresche poco zuccherate, per accompagnare carni di cacciagione. È una variante dell’uso tradizionale del mirtillo rosso. È molto gradevole accompagnare le carni in salmì o arrosto con la salsa di mirtillo servita nell’incavo di una mezza mela cotta nel forno.

Vaccinium myrtillus, il nostro mirtillo di bosco.
Il cespuglio è alto fino a mezzo metro, con fusti angolosi, foglie seghettate minutamente e membranose, fiori verde-rossicci a forma di orcetto, solitari e ascellari, frutti tondi, brillanti, neri, solitari.

Vaccinium corymbosum
Il mirtillo gigante americano, ben riconoscibile per le dimensioni maggiori, la superficie opaca, pruinosa, la polpa verdolina chiara, è in vendita in tutti i supermercati. Sono state isolate diverse cultivar, soprattutto per avere fruttificazioni anche precoci e tardive.
E’ alto fino a un metro e mezzo, fruttifica ad altezza uomo e i frutti sono raggruppati, non isolati: ben altro sforzo per raccoglierlo rispetto al nostro di bosco.
Il gusto e i pregi salutistici sono nettamente inferiori. All’estero coltivano anche altre specie di mirtilli, ma non sono ancora reperibili in Italia.

Vaccinium uliginosum
Nelle zone umide di alta montagna, soprattutto ai margini dei pascoli soleggiati, capita spesso di trovare cespugli di mirtillo nero alternati ad altri con foglie decisamente di colore diverso, tendenti al ceruleo.
Anche i frutti di questi ultimi, peraltro quasi sempre scarsi, hanno un colore decisamente tendente al blu. Si tratta di Vaccinium gaultherioides oppure di Vaccinium uliginosum, quasi identici tra loro.
Se li guardiamo da vicino distinguiamo facilmente i frutti del mirtillo nero da quelli del mirtillo blu, se invece troviamo il mirtillo blu da solo possiamo con- fonderci facilmente. E ancora più facilmente può sbagliare un bambino. Tuttavia, a parte altri caratteri differenziali più sottili (la forma non tonda, il colore, la cicatrice all’apice molto evidente) o non costanti (la presenza di residui della corolla del fiore appesi all’apice), la polpa chiara e non vinosa ci toglie ogni dubbio.
E per fortuna, perché il mirtillo blu, pur se ritenuto commestibile dagli autori di una volta, ora ne è dimostrata la tossicità, seppure di diversa gravità secondo la regione di crescita. Le saponine che contiene provocano stadi alterni di ebbrezza e depressione con vertigini e nausea, spesso anche alterazioni motorie.

Mirtillo di bosco

Mirtillo coltivato.