Asparago bianco di Arcole

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Ad Arcole Napoleone portò guerra e soldatacci che saccheggiavano le fattorie, ma è anche merito loro se si sono diffuse nel Veronese le pregiate varietà di asparagi di Argenteuil che poi le capacità dei contadini del posto e le sabbie dell’Adige hanno trasformato negli stupendi germoglioni bianchi di Arcole.

Chiedendo umilmente il permesso ai Bassanesi, che pretendono di averne il primato, e ai contadini di Cimadolmo, che definiscono il loro il “tartufo del Piave”, raccontiamo l’asparago bianco “assaggiando” quello che nasce sui terreni dell’Adige, a due passi da Verona.

Un po’ di storia
Gli asparagi da queste parti, come ovunque le terre erano e sono vocate, li hanno sempre coltivati, se non altro per autoconsumo: già Plinio e Apicio, per non parlare del solito Catone, si erano profusi in istruzioni per coltivarli, e non furono certo i primi: del resto la pianta è presente nell’iconografia Egizia di 7000 anni fa e l’etimo del nome è persiano e sta per “germoglio”, ovvero il germoglio per eccellenza.
Ai veneti e più precisamente, secondo la versione più accreditata, a un Bassanese, spetterebbe la scoperta del “trucchetto” per ottenere l’asparago bianco anziché verde, poi eccoci al Buonaparte: che c’entra colui che razziò mezza Europa? Lui era avvezzo a portar via più che a portare, come ben sanno al Louvre dove ogni mattino gli recitano una preghiera di ringraziamento. Ma i poveracci che lui mandava a morire in giro per l’Europa in fondo erano dei contadini, e spesso pure in gamba. E campanilisti, come tutti i Francesi. Così, incoraggiati dal loro generale che era ben contento di “francesizzare” casa nostra, si portarono dietro vitigni, semi, piantine delle varietà di casa loro, comprese le “zampe” degli asparagi di una cittadina che ne deteneva il primato, Argenteuil. Pare che qualcuno di loro rimase vicino a Verona e contribuì al perfezionamento della coltura, come è documentato almeno per quanto riguarda l’altro polo specializzato del Veronese, Rivoli.
In effetti alla fine dell’Ottocento il regio prefetto conte Luigi Sormano Moretti, nella sua monumentale opera “Monografia della Provincia di Verona”, ne parla ampiamente, ma per le colline di Montecchia di Crosara e Monteforte d’Alpone o, nella Bassa Veronese, per i borghi in destra Adige Angiari e Zevio. A cominciare dagli scorsi anni Sessanta, però, le colture particolarmente abbondanti nella vallata dell’Alpone lasciarono il posto ai vigneti destinati al Soave e l’asparago scese pochi chilometri più a Sud, nel comune d’Arcole, trovando terreni ideali, sabbiosi, profondi e freschi che favorirono il perfezionamento di un ecotipo locale. Qui la maggior parte della popolazione era ancora dedita all’agricoltura, con colture tradizionali; l’industrializzazione alle porte, però, tendeva a portar via la gente dai campi: in questa situazione l’asparago, raggiungendo risultati d’eccellenza, con conseguenti soddisfazioni e consensi da parte dei produttori, e richiedendo lavoro esclusivamente manuale, ha creato anche un equilibrio di lavoro per le aziende più piccole, permettendo a molti di rimanere legati alla terra e al suo possesso, integrando il reddito familiare e offrendo la possibilità della gestione dell’asparagiaia a tempo parziale. La zona di produzione dell’Asparago d’Arcole comprende, nell’ambito della provincia di Verona, i territori dei comuni di Arcole, S.Bonifacio, Veronella e Albaredo d’Adige.

Buono anche crudo ma…
Presente tra i PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) riconosciuti, l’Asparago Bianco d’Arcole designa i turioni di asparago riferibili all’ecotipo locale e con queste caratteristiche: bianchi e con apice ben serrato, con un diametro medio minimo al centro di circa 10 mm e una lunghezza compresa tra 18 e 22 cm.
Ortaggio di pregio, ma solo apparentemente di lusso, l’asparago si può a ragione annoverare tra le vere radici storiche della cucina italiana e mediterranea.
Asparagi con le uova: ecco, infatti, un piatto antico sul serio, se pensiamo che, invece, tanti altri cardini della cucina italiana e mediterranea hanno “solo” cinquecento anni (pasta e fagioli, pizza col pomodoro, melanzane alla parmigiana, peperonata… tutta roba che è giunta dopo Cristoforo Colombo). L’asparago bianco può essere consumato anche crudo, da solo o in insalate miste; la cottura al vapore, tuttavia, riduce al minimo il rischio di perdita dei valori nutritivi conservandone intatto il sapore. Delicatezza, fragranza e dolcezza sono le caratteristiche che rendono unico l’asparago bianco e lo differenziano dalle altre tipologie di asparagi. L’Asparago bianco di Arcole si può gustare fresco e appena colto, quando è maggiormente tenero e gustoso (cosa che non accade per quello proveniente da altre aree, specialmente quelle estere); questa modalità di utilizzo permette di coglierne tutte le sfumature di sapore. È ottimo utilizzato come ingrediente in diversi piatti, dal risotto con il Vialone Nano, il riso tipico delle valli veronesi, ai piatti in abbinamento con vino, olio e formaggi del territorio. Ad Arcole e dintorni viene proposto in tutti i modi: con uova sode, in pinzimonio, in zuppe e frittate tipiche, come contorno a carne e pesce. Da non perdere, vista la loro spiccata delicatezza, alla semplice sulle tagliatelle all’uovo.

L’Asparago bianco di Arcole è promosso dal Consorzio Valorizzazione Asparago di Verona, www.asparagoverona.it.

Come nasce
La coltivazione dei pregiati turioni non è facile e non è una coltura “moderna”: pretende tanta mano d’opera, inizia a produrre dopo 3 anni dall’impianto, ha una stagionalità rigorosa. Ben poco si presta, dunque, ai metodi intensivi e industrializzati. La semina avviene all’aperto in appositi semenzai; i rizomi (fusti sotterranei, detti “zampe”) vengono trapiantati dopo 8-20 mesi nel terreno preparato a “motte” (cumuli di terra). Per permettere la formazione di turioni completamente bianchi, le “zampe” piantate sono sottoposte a pacciamatura con l’utilizzo di un film plastico nero che impedisce alla luce di filtrare. La raccolta è l’operazione più delicata e richiede un elevato grado di specializzazione e molta esperienza. I turioni, infatti, sono completamente interrati e dal terreno fa capolino solo un accenno di apice vegetativo. La raccolta inizia a fine marzo e si può protrarre fino ai primi di giugno, in ogni caso per un periodo non superiore ai 60 giorni: il raccoglitore penetra il terreno con un apposito strumento e taglia delicatamente alla base il turione, che si può così estrarre dalla motta. È una operazione che si esegue completamente “alla cieca”, con il rischio concreto di danneggiare il turione o addirittura la “zampa” e quindi anche la produzione futura. I turioni raccolti sono confezionati in mazzi omogenei di circa 1 kg.

Una miniera di benessere…purché cotti nel modo giusto
Povero di calorie e di carboidrati, l’asparago è molto ricco di proteine. Inoltre ha una buona fonte di vitamine e di minerali, fra cui la vitamina C, riboflavina e acido folico. Tradizionalmente è stato usato nel trattamento dell’artrite e dei reumatismi, come diuretico e come lassativo; è indicato nell’anemia, nella stitichezza, nell’insufficienza epatica e nelle malattie gastrointestinali; la medicina popolare gli attribuisce addirittura proprietà afrodisiache. Attenzione però: se si soffre di cistite e infezioni renali acute è meglio evitarlo, come per le puerpere, perché il latte ne prende il forte odore e ben pochi neonati lo gradirebbero.
Se per la tenerezza vengono preferiti gli asparagi bianchi e più giovincelli possibile (con punta compatta e uniforme, con quella sorta di squamette tanto appressate da non essere quasi distinguibili), diverso è il discorso per i contenuti salutari: mentre gli effetti diuretici sono sempre gli stessi, la ricchezza in vitamine è maggiore in quelli verdi.

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