Il Pannerone lodigiano è un formaggio esclusivamente invernale che non si lascia “clonare”, nessuno è mai riuscito a copiarlo senza rispettare le regole degli antichi casari: un formaggio diverso che fa pure vincere sui campi di battaglia e sotto le lenzuola.
Lo conferma uno che di certe cose se ne intende e che dovrebbe essere un testimone avverso, Napoleone, il simbolo stesso dell’orgoglio dei Francesi, nostri rivali in fatto di arte casearia: il Pannerone di Lodi è un formaggio afrodisiaco ed eccitante, energetico ed inebriante.
Il Bonaparte ne era così convinto ed era così attratto da queste virtù che decise di rifornire le proprie truppe di Pannerone prima della battaglia del ponte di Lodi nel 1796.
Ma perché questo curioso cacio con tanti buchetti e dal gusto amarognolo avrebbe questi pregi? Perché è ricco di fosforo e lievemente alcolico? Certo, ma non basta: forse è perché è un concentrato di saggezza antica e di sapienza della natura, perché non c’è verso di ottenerlo se il latte non è l’espressione di un ben preciso territorio e se i microrganismi che lo “costruiscono” non sono proprio quelli che spontaneamente decidono di farlo.
Di latte crudo e intero
Oggi il Pannerone lo produce un solo caseificio del Lodigiano, forse, ma non sempre, anche un altro nel Cremasco, ma un tempo il Pannerone si produceva in cascina, nelle campagne del lodigiano, e insieme a questo formaggio sulle tavole con- tadine spesso si trovavano le pere cotte e le noci. Ogni nucleo familiare vantava una produzione propria di questa specialità casearia dal nome ispirato alla panera, che in dialetto lombardo significa panna. È infatti un formaggio di latte intero, di quel latte della Bassa milanese così rinomato che Ugo Foscolo chiamava Milano “Paneropoli”, città della panna.
Il Pannerone era ed è fatto di latte non pastorizzato e senza alcuna salatura; praticamente un formaggio totalmente “sciapo” ma sorprendentemente gustoso e più salutare di tanti altri, proprio perché consentito anche a chi ha patologie che costringono a rinunciare al sale. Quella di non aggiungere sale, comunque, non era una scelta, né salutistica né edonistica, ma una condizione imposta ai vecchi tempi dalla scarsità di un elemento prezioso e da centellinare, anche in una campagna più ricca di altre come quella di Lodi e Pavia. Fin dai tempi del medioevo, soprattutto nei periodi di guerra, era proprio difficile trovare il sale e quando pure lo si trovava costava molto. Al contrario, grazie alla rinomata produttività delle vacche lodigiane, il latte era sempre abbondante e per questo motivo gli allevatori non hanno mai smesso di produrre formaggi. La caseificazione avveniva per mano di uomini esperti che sapevano bene come lavorare il latte per ottenere un formaggio dal sapore avvolgente e gradevole al palato anche senza l’aggiunta dell’esaltatore di sapidità per eccellenza.
La ricetta di questo particolare formaggio risale appunto al medioevo e prevede, come già detto, l’utilizzo di solo latte crudo, senza aggiunta di sostanze chimico-biologiche di alcun genere e di sale. Ancora oggi chi produce questo formaggio rispet- ta le antiche procedure artigianali che, per forza di cose, sono soggette anche alle caratteristiche del latte del territorio e della stagione. Per questo motivo il Pannerone mantiene intatte alcune peculiarità e certe caratteristiche organolettiche che lo rendono una tipicità unica al mondo. Un boccone di Pannerone avvolge il palato come farebbe il burro e lo stuzzica come farebbe l’amarognolo di una mandorla. L‘assenza di sale, al contrario delle aspettative, fa risaltare il dolce sapore di latte, che si trova concentrato in proporzioni altissime in ogni porzione. Per ottenere una forma di Pannerone di circa 12 chili, infatti, si impiegano circa 150 litri di latte.
I buchi? Come le bollicine di uno spumante
Il Pannerone (o panerone) rientra nella categoria dei formaggi grassi a pasta molle e cruda. Ha una forma di cilindro alto una ventina di centimetri e un diametro di 30 cm. Una forma stagionata pesa sui 12 kg. La crosta giallognola, a volte leggermente rosata, è sottile, friabile e protegge una pasta di colore paglierino caratterizzata da una fittissima presenza di bollicine. Questa peculiarità dell’occhiatura è data dall’aria che si sprigiona in due fasi: la normale fermentazione lattica e la successiva alcolica che si attiva durante la fase di stufatura. La maturazione del Pannerone è diversa da quella di tutti gli altri formaggi. Essa avviene ad opera di un tipo particolare di microflora (batteri lattici, coliformi e lieviti) che causano la tipica alveolatura diffusa nella pasta, considerata un difetto negli altri formaggi.
Ma cos’è la stufatura? Dopo le consuete fasi di coagulo grazie all’aggiunta di caglio e dopo una prima rottura della cagliata in grani di grosse dimensioni, ovvero di una noce, e di una seconda rottura in grani più piccoli, ovvero delle dimensioni di una nocciola, la cagliata viene raccolta inn fagotti di circa 8 kg che vengono fatti sgocciolare, quindi viene sbriciolata e raccolta nelle fascere che vengono poste in un locale a 30/35° di temperatura per alcuni giorni: questa è la fase di stufatura.
In tavola
La forma del Pannerone dovrebbe essere tagliata con l’apposito filo da formaggio, invece che con il coltello. Il filo teso tramite due impugnature applicate alle estremità permette di effettuare tagli netti e precisi senza spappolare la pasta dei formaggi semi duri, come il Pannerone. Una volta portato a casa, il Pannerone si conserva in frigorifero per 3/4 giorni avvolto nella carta adatta in cui viene confezionato quando lo si acquista. Se ne acquistiamo un pezzo più grosso di quanto siamo in grado di consumare in tre o quattro giorni, allora lasciamolo respirare, conservandolo avvolto in un panno. Una ricetta classica del Lodigiano che utilizza il Pannerone è un risotto a cui va aggiunto alla fine, in fase di mantecatura. E l’aggiunta finale, non durante la cottura, vale anche per altre ricette in cui si voglia impiegare il Pannerone fuso. Ma il primo assaggio è bene farlo a crudo: un boccone di Pannerone naturale, come si faceva in cascina, con le pere cotte, l’uva o le noci. I cultori lodigiani di questo formaggio propongono anche di servire il Pannerone accompagnato con mostarda e miele. Ed è proprio l’abbinamento del Pannerone con la mostarda di Cremona, in particolare scegliendo i pezzi di agrumi, più piccanti, un grande classico della tavola dei Milanesi.